È agosto e mamma dice che fa troppo caldo per cucinare, ogni giorno è una specie di tortura pensare a cosa fare per pranzo senza che significhi sedersi a tavola ai limiti del colpo di calore. Le dico che ho un’ottima ricetta per il pomodori con il riso: si fanno prima e si mangiano freddi.
– I pomodori della Signora Patrizia! – le dico.
– E chi diavolo è la Signora Patrizia? – mi chiede.
La Signora Patrizia è la madre di un tizio con cui mi sono scritta per un po’. È successo all’inizio dell’estate, qualche anno fa, in quel periodo dell’anno in cui il caldo a Roma non è ancora arrivato al livello “Butta l’anello e scappa!” ma anzi è friccicarello e mette voglia di scoprirti un po’, di uscire tutte le sere e dare confidenza al genere umano. Il momento più pericoloso dell’anno, in effetti.
In pratica succede che un sabato mattina totalmente anonimo io vada al discount a fare un po’ di spesa mentre mi sto scrivendo con Tizio. Finisco davanti ai pomodori da riso in offerta e percepisco nitida l’esigenza di acquisire una nuova skill della cucina romana.
– Ma tu in cucina come te la cavi? Hai mica una ricetta dei pomodori co riso? – gli scrivo.
– Dammi un attimo che chiedo al mio assistente Google. – mi risponde.
L’assistente Google è chiaramente sua madre, che viene incaricata di scrivermi la ricetta. In un arco di tempo brevissimo, lo spazio di un lampo, vivo tutte le emozioni comprese tra l’imbarazzo di quando ti rimane la gonna incastrata nei collant e torni in classe praticamente in mutande e l’orgoglio della mamma del campioncino delle giovanili che fa goal.
Ha chiesto alla madre di trascrivere una ricetta per una con cui sta chattando. Una sirena di allarme inizia a suonare in un recondito sgabuzzino del mio cervello.
Nel frattempo io invito la mia amica torinese per un aperitivo a casa mia.
– Ti faccio i pomodori col riso – le dico.
– Adoro – mi dice.
La mattinata in chat con Tizio sta migliorando: mentre io faccio la spesa lui è in palestra e ora sta amabilmente discutendo con me di neorealismo nella letteratura americana dallo spogliatoio. Intanto la madre, che scopro chiamarsi Patrizia, vuole trascrivermi la ricetta con cura, non si accontenta di un vocale e delle indicazioni di massima.
– È un’insegnate – mi spiega
– Capisco – rispondo
La mia futura suocera mi sta già simpatica. La sirena continua a suonare.
Un paio d’ore dopo, la Signora Patrizia mi fa pervenire per mezzo del suo cucciolo un documento Word molto dettagliato, privo di errori di battitura con tanto di Bon Appétit! di saluto, sul finale. Non mi resta che mettermi al lavoro.
Le indicazioni della Signora Patrizia si rivelano perfette. Dettagliate, semplici da riprodurre, ricche di considerazioni da chi è abituata a cucinare. Il risultato finale ha un aspetto eccellente e io sono entusiasta.
Al suo arrivo, la torinese mi trova fresca di doccia, con un sorriso smagliante e in uno splendido kimono di seta mentre le porgo l’eye-liner e le chiedo di disegnarmi sugli occhi una riga degna di una gheisha ma meno porca.
– Poi ti spiego – le dico.
Mamma mi chiede, legittimamente, dove abbia conosciuto Tizio.
– Su Tinder – le dico.
– Cos’è Tinder? – mi chiede.
Tizio è la più rilevante esperienza che abbia mai avuto con Tinder. Per chi non lo sapesse, Tinder è un’app di incontri, forse la più popolare. La leggenda narra di gente che ci si è sposata, con Tinder, ma per lo più ci si scopa. È molto utile per conoscere gente nuova.
Ci si trovano un casino di fuorisede, gente appena trasferita, gente di passaggio, autoctoni,… è una app da grande città, infatti è basata sulla posizione geografica. Tendenzialmente funziona come un catalogo: la apri e passi in rassegna gli uomini disponibili nei paraggi. Le persone sono individuate con una o più foto, un nome, un’età e, volendo, da qualche nota biografica. Tu sfogli il catalogo e dai il tuo like a quelli che ti interessano. Se anche loro, sfogliando, ti mettono like è un MATCH e a quel punto potete chattare e contattarvi.
Sono stata iscritta per un po’ ma non fa per me: le persone non hanno voglia di fare conversazione e io non ho voglia di uscire con gli sconosciuti.
Tizio aveva tutte le carte in regola: 40 anni, diceva di essere un padre divorziato e di non essere a caccia ma di avere una gran voglia di ridere. Ah, sì. Era bono.
Nella prima riga della sua biografia si definiva “Ingegnere, indossatore, scrittore.” e a me è balzata in mente l’immagine della CARIOCA, hai presente? la penna multicolore grossa come un sex toy che tutte avevamo nell’astuccio ben prima di percepire la necessità di un sex toy. La CARIOCA aveva tutti i colori possibili e immaginabili, era perfetta per scriverci le dediche sui diari, solo che poi era talmente cicciona che non poteva funzionare nelle mani delle bambine e tutte le dediche uscivano orribili, scritte con delle grafie abominevoli perché vergate con una penna grossa come un cetriolo.
La gamma dei campi in cui Tizio eccelleva, sbattuti lì, nella prima riga, riassunti in 3 parole, erano capaci di ingenerarmi sospetto e curiosità simultaneamente. Tutto mi risultava grandemente desiderabile, come una penna CARIOCA, perché, diciamocelo, non si impara mai niente davvero e invecchiare è una gran scocciatura.
A discolpa di Tizio, va detto che si è sempre impegnato per rendere la nostra conoscenza molto ricca, conversando amabilmente si letteratura americana e aneddoti personali capaci di stuzzicare la mia curiosità.
Ancora una volta i pomodori della Signora Patrizia si confermano una ricetta vincente e mamma mi chiede come sia finita con il figlio.
– Ma poi con questo ci sei uscita? – mi chiede
– Sì, la sera dei pomodori. – le dico
Quella stessa sera, dopo il mio aperitivo con la torinese, accetto un bicchiere di vino con Tizio. Mi faccio venire a prendere con la sua familiare con tanto di seggiolino sul sedile posteriore e lo porto al Pigneto. Trovando chiuso il mio locale di riferimento, decido, INTREPIDA, di portarlo al bar femminista. È un bar come gli altri, ma le cameriere non sono state assunte da un uomo e possono essere meno gentili del solito.
A ripensarli ora, sembrano fatti lontani anni luce, ma mi ricordo nitidamente i tavolini vicini e gremiti, pieni di gente in piedi, in una pedonale affollatissima. Troviamo un tavolino e io scorro la breve lista dei vini disponibili (non è un posto da vino ma non ho voglia di birra).
– Posso suggerirti lo Chardonay? – mi dice.
Io penso che ho messo il kimono vintage per farmi suggerire lo Chardonay da uno che per rimorchiarmi chiede a mamma. La sirena si fa più forte.
Cominciamo a chiacchierare e devo dire che Tizio è piacevole. Decide di impartirmi lezioni di determinazione su come si finisce un libro. Lui ne ha scritti almeno due. Li ha pubblicati su Amazon. Non ha molti consigli da impartirmi su come far leggere i propri lavori, ma non si può chiedere troppo.
Va detto che, carriera letteraria a parte, è spiritoso, autoironico e capace di ascoltare. Va anche confermata la circostanza per cui è proprio bono.
Quando ormai la serata sembra veleggiare senza intoppi, succede qualcosa di sconvolgente. Una delle cameriere burbere, facendo lo slalom tra i tavolini, viene urtata mentre passa con un vassoio carico di cocktail dietro al mio interlocutore. Faccio a malapena in tempo a irrigidirmi che una gran quantità di ghiaccio e alcolici gli si riversa sulla schiena. La burbera, molto al di là del suo solito atteggiamento, si costerna e si scusa e regala a Tizio la t-shirt del locale, per fare ammenda della maglietta zuppa.
Lui reagisce in maniera abbastanza tiepida a quel gesto di pace e accartoccia il dono sul tavolino.
Mamma inizia a non capire perché questo bell’uomo non sia arrivato ai pranzi della domenica. Mi guarda che manco Emily Gilmore con Lorelai.
– Ma com’è finita?
Lo giuro, non mi diverto a raccontare storie assurde a mia madre. Ma questo, nel mezzo della conversazione, in piena movida, mentre era seduto al tavolo, senza alcun preavviso ha dichiarato che fosse il momento della maglietta e si è SPOGLIATO da seduto, lì, davanti a me, come fosse, chessò, nello spogliatoio della palestra, su un campo da tennis, Brad Pitt sul tetto che cambia un’antenna.
Sarò pure una Giaguarah ma non sono una cafona e tu ti spogli se IO ti autorizzo farlo! Cosa direbbe la Signora Patrizia?
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