La stazione della metro di Barberini è un crocevia fondamentale, sta tra gli uffici, le ambasciate, la Fontana di Trevi e il Quirinale non è poi così lontano. Come una specie di termometro dell’umanità di Roma, Barberini è uno spazio sotterraneo aggredito da ogni lato, sempre uguale a se stesso ma ogni volta diverso.
Alle 11 di un martedì di luglio, Barberini è più affollata di Largo Chigi, per capirci. Serpentoni di ragazzi in zainetto e cappellino incrociano eleganti signore in abito da ufficio e uomini impegnatissimi in occhiale scuro, abito e cravatta annodata senza troppi pensieri.
Alle 11 di un qualsiasi martedì di luglio loro sono lì, nel pieno centro di quel piazzale sotterraneo, appena sfiorati da quella umanità multicolore, eletta a scenografia piuttosto che a pubblico.
Almeno 45 anni lui, sicuramente meno lei. Lui in abito blu, alto e vagamente stempiato. In top fantasia e pantalone a sigaretta, lei. Ai piedi quelle zeppe di tela e raffia, la versione femminile delle espadrillas, a mio parere eccessivamente vacanziere per l’ufficio ma ammetto che ci siano scuole di pensiero diverse.
Stanno lì, al centro di una scena che sembrano essersi scelti, e si abbracciano con tutto quello che possono. I petti stretti, i visi nascosti nelle spalle dell’altro, gli occhi chiusi, le braccia strette sulle schiene, le mani aperte, a prendere più che si può. Non esistono le persone, chiunque siano. Non esistono gli oltre 30 gradi di questo luglio romano. Non esiste l’umidità che rende l’aria spessa, quasi solida. Non ci sono ragioni che li facciano desistere da quell’abbraccio che è lunghissimo e pienissimo.
Li vedo uscendo dal tornello, li scruto con calma mentre mi avvicino, li osservo come se fossi l’unica lì dentro ad averli visti. Vorrei urlare a tutti “ma guardateli, che belli che sono?!”. E’ un po’ come se li vedessi solo io, in realtà. Rallento il passo mentre li affianco. Li supero e mi volto a cercarli: sono ancora lì, quasi immobili, con i talloni leggeri.
Chi sono? mi domando. Perché si salutano così, prima dell’ufficio? Da che cosa si salutano?
Poi sono uscita, ho iniziato a fare lo slalom tra i turisti e ho deciso che erano solo due che si stavano lasciando perché lui non vuole mollare la moglie.
Questa città mi fa bene. Ma anche male.