AutAut – Schierarsi come se non ci fosse un domani

L’omosessualità è contro natura.
Ma anche camminare sull’acqua,
morire e risorgere, moltiplicare il cibo
e rimanere incinta da vergine.
– Davide La Rosa –

Oggi, 17 maggio, ricorre la Giornata Mondiale contro l’Omofobia e la Transfobia. La frase che vedete qua sopra era stata inizialmente attribuita a Woody Allen per poi essere tributata al suo legittimo autore. Quello che mi lascia perplessa è la sconfinata divulgazione che ha avuto su Facebook. Oggi, ad ogni ora, c’è qualcuno che si pregi di renderla il proprio status. Come se l’essere contro l’omofobia sia necessariamente essere anticristiani.
La cosa mi ha fatto riflettere. Non è tanto per la scelta dell’essere o meno credenti, quelle sono faccende personalissime e attengono alla più totale libertà personale, mancherebbe. Quel che mi sorprende è lo straordinario risultato ottenuto dalla Chiesa Cattolica in termini di impopolarità. Sono giunti al punto da mettere le persone di fronte ad una scelta: o credi in Cristo, nella Trinità, nella Santa Chiesa Cattolica o credi nella parità dei diritti. Un aut aut senza precedenti.
Il problema sorge per chi è nella mia condizione, dell’essere cristiana (ormai, visto quanto sopra, fatico a definirmi cattolica) e ciononostante caparbia sostenitrice dei diritti delle minoranze omosessuali. Come può essere?
Sono cristiana, sì, ho fatto la cresima e credo in Gesù Cristo, nella sua esistenza e nella sua resurrezione. Ciò non mi fa sentire migliore di nessuno. La cosa mi dona una serenità effettiva e non mi va di dovermene vergognare. Né tantomeno penso che le persone che non credono in Dio siano prive di qualcosa o siano nel torto. Probabilmente contravvengo a quella che è la missione apostolica dei cresimati, non lo so, ma non voglio convincere nessuno. “La Fede la si deve sentire” direbbe un interista usando parole che calzano a pennello anche al mio discorso.
Per avventura, però, sono anche laureata in Giurisprudenza. Al primo anno c’è diritto costituzionale. I primi giorni, in Facoltà, qualsiasi professore e qualsiasi manuale si impegna in un’articolata spiegazione di quello che è il sistema delle fonti del diritto italiano. Al vertice, in cima, c’è la Costituzione della Repubblica Italiana, sulla cui corretta “applicazione” (termine impropiro, ma non mi dilungo) veglia la Corte Costituzionale. Sotto la Costituzione ci sono le leggi dello Stato e delle Regioni e poi giù a seguire, le fonti di grado inferiore.
Una volta che ogni singolo studente ha assorbito questo concetto, arriva il bello. Arriva l’art. 3 della Costituzione: l’EGUAGLIANZA.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Così recita il primo comma e già inizi a pensare di essere nell’aula sbagliata, ma resisti, perché poi arriva il secondo comma, quello che ti fa controllare che il titolo del libro non sia Diritto Costituzionale dell’Isola che non c’è. Il secondo comma dell’art. 3 è quello che sancisce la cosiddetta Eguaglianza Sostanziale e recita: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
È lì, in quel preciso momento che ti chiedi: ma sta roba è uscita da poco? No, affatto. La Costituzione Italiana è del 1948: ha 64 anni.
Quindi tu inizi a pensare. Non importa che tu sia cristiana, etero e che la cosa non ti riguardi in alcun modo: inizi a chiederti come possono esistere in Italia leggi che sono discriminatorie pur essendo di rango sub-costituzionale. Perché è l’esatto contrario di quello che ti stanno insegnando in quel tempio del sapere che ti fanno credere essere la Facoltà di Giurisprudenza.
Proseguendo con gli studi scopri che i conviventi non hanno diritti successori ne fiscali. E l’art. 3 è sempre lì.
Allora io ho sempre ingenuamente pensato che l’essere contro l’omofobia fosse una questione di rispetto dei valori fondamentali del popolo italiano, una questione di applicazione del dettato costituzionale, una faccenda laica perché squisitamente giuridica, ma forse mi sbagliavo. Che stupida che sono! Io che pensavo che riconoscere pari dignità e diritti agli omosessuali fosse rimuovere ostacoli al pieno sviluppo della persona.
Perché la verità è che essere omosessuali attiene alla natura di una persona, non è una scelta, non è una patologia, non è essere sbagliati.
Essere contro l’omofobia non può e non deve avere a che fare con la propria fede religiosa, perché è, prima di ogni altra cosa, una questione di civiltà. La costituzione italiana è lo scrigno dei valori civili su cui è fondato il nostro Paese ed è per questo che dovremmo tutti indefessamente lottare per la sua applicazione. Perché siamo italiani.

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