Stream of (a touched) consciousness

“Ma chi l’ha detto che in terza classe / che in terza classe si viaggia male?”

Il Principe e la sua Titanic sono la prima cosa che m’è venuta in mente. Che in fin dei conti è una canzone a suo modo pop, un pop ante litteram. Ma è fresca, allegra eppure basta il titolo a far capire quanto quell’allegria sia posticcia. C’è aria di festa alla partenza del Titanic, c’è lusso anche per i poveracci.

Probabilmente, traslata all’arrivo in America, quell’allegria sarebbe diventata altro. Magari qualcosa di aspro e spietato. Magari qualcosa di elettrico.
A traslarla un secolo dopo quell’allegria è davvero la stessa ma ha preso la scossa, è passata dentro una tastiera, un synth e un organetto ed è uscita da un amplificatore.
È sempre sorridente ma di un ghigno fin troppo conscio. È stremata. È l’allegria dei lavoratori flessibili, ergastolani in tournée ma molto più sorridenti. È l’ostentata serenità di una posa underground, di chi sa di essere uguale ad altri mille, perché gli fa comodo esserlo. È la disinvoltura dei legami emotivi a maglie larghe, quelli senza ricorrenze, amici in comune o sms della buona notte.
È la freschezza della cella frigorifera, del latte UHT, dei risotti liofilizzati.
È un’illusione, una menzogna raccontata male. Una rabbia celata e mostrata con garbo forzato.
È il “preferirei andare a pulire il culo a Saddam Hussein piuttosto che lavorare ancora per te” pronunciato a fendere l’aria.
Non è il fottetevi tutti! urlato da Giorgio Canali, non è lo sguardo di altezzosa commiserazione degli Zen.
È una gestione della propria pelle, con dignità e odio dissimulato.
Ti travolge da seduto, ti innesca un effetto domino di pensieri che non sapevi di avere.
Ti fa male come solo la verità sa fare. E finisci per amarlo. È Lo Stato Sociale. È un disco spaventoso. Ma col sorriso.

3 pensieri su “Stream of (a touched) consciousness

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