Arrivo ben oltre l’orario previsto per l’inizio ma so bene che certe indicazioni su fb sono dei “suggerimenti”. Entrando, però, mi spavento: La Cira, il bar degli universitari, un localino frequentato dai soliti noti, che raccoglie sulle 150 persone nelle serate importanti è gremito. C’è gente fin sul bancone… E adesso?
È buio e lo schitarrare al centro della scena mi lascia capire che Mirko (oh meglio, Zagor) ha sul serio preso spunto dalla nostra chiacchierata. I Camillas stanno suonando a centro pista, cirondati da più anelli di divertiti ascoltatori.
– Vieni, suoniamo senza elettricità
– Uh, bello, al buio..
– Al Buio?! grande idea!
Eh già, suonano al buio, senza microfoni e armati solo di maracas, chitarra e diamonica fucsia. Lo spettacolo è godibile e surreale anche se impossibile da immortale. Mi permette di ragigungere il palco, girando attorno agli ultimi anelli di pubblico.
Inizio a guardarmi intorno, passo in rassegna questo pubblico inedito: gente di Pesaro ce n’è a bizzeffe in effetti… Ma anche da Fano, da Urbino… Hey! Ci sono dei cesenati! Quanta polvere solleva questa piccola peste… Non posso che essere felice per Letizia, considerando la sincerità che c’è nel suo album, la voglia che mette in quello che fa,… Ogni volta che l’ho vista mi è sempre sembrata tanto onesta, in maniera quasi brutale, quasi nuda. E ci vuole coraggio!
Siamo pronti, si inizia. Cioè LEI inizia. Chitarra imbracciata, piccola donna accucciata sotto l’asta. Parte a suonare e si alza pian piano, arriva al microfono e cinguetta: Questa è la mia festa/questo è il mio vestito nuovo… Dal vivo mette i brividi, anche quando singhiozza che non gliene frega nieeeenteeeee, allungando e distorcendo quanto di composto ed ordinato si era sforzata di mettere in mostra.
La scena è ancora soltanto sua, con Maria Maddalena, acustica in musica, acida in voce. Letizia ammicca e si scompone, enfatizza ogni singola sfumatura della voce, ammalia.
Poi finalmente fa il suo ingresso la Cavalleria, fianco a fianco dell’elettricità. Così eccoli, i sospirati bellissimi uomini che la affiancheranno in tour: Lorenzo Pizzorno al basso e Damiano Simoncini alla batteria. Ed eccola anche la sua Fender Jaguar, supremo tributo al mito di sempre: Kurt.
Da qui in poi è solo stupore. Per un live arrangiato ex novo rispetto agli organetti del disco, ma ugualmente efficace. Per una batteria elegante e mai invadente, suonata con gran classe (oh, sì, mi ha stupita, e allora?). Per un basso presente e determinante. Per i cori maschili (anche per forza, direi…).
Non tutto riesce alla perfezione, probabilmente c’è anche ancora molto da limare, ma non è forse il bello della diretta?!
Saliva, per esempio, ne esce potenziata, più nitida nel testo e più cruda nel dolore. Con gli occhiali da sole, introdotta da un coretto molto divertente, in realtà è rallentata e la prevista distorsione sul finale, manca, “perchè ho fatto una stronzata” spiega candida la rosciolina.
C’è anche spazio per il gossip, se così si può dire, con Maria Antonietta che chiama sul palco Giovanni, che oltre ad essere il suo ragazzo è anche voce e mente dei Chewingum, di cui presto sentiremo ancora parlare. L’occasione è Alla felicità e ai locali punk, cantata a due voci, strillata, sfranta, rinata a nuova e più tetra vita.
Due begli spunti son dati anche da Motel, la cui coda strumentale è davvero una meraviglia e dal tormentone Quanto eri bello, resa più cruda da una voce più rock ma altrettanto travolgente. Prima di abbandonare la scena c’è ancora tempo per una cover: Dea degli Afterhours, che, spiace dirlo, non riesce proprio a convincere.
Poi i musici se ne vanno, la scena si svuota e la sala s’è fatta rumorosa nel frattempo. Ora la sfida più grande: “prima di salutarvi vi canto l’ultima, da sola“. Tamburello alzato al cielo, brusio che non cede, Letizia stoica si concentra, trova intonazione e saluta da Signora, con Giovanna d’Arco.
Tanti begli spunti, alcune sbavature. Sarà un gran bel tour, sperando trovi platee così attente e partecipi.
oh, girl.
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