Che lo finirei, se avessi la forza di ricordare
“Si aggirava a piedi nudi per la casa vuota, come ogni domenica mattina. Si sentiva così adulta la domenica mattina. Un’illusione d’indipendenza che alla fine l’aveva assuefatta ben oltre il prevedibile.
A piedi nudi fino in cucina, che a voler essere proprio onesti la mattina se ne stava andando senza disturbare, scivolando nel pomeriggio grigiastro di gennaio.
Troppo breve il pomeriggio, in inverno, con quella luce bigia che sfuma già nella notte e non lascia alcuna possibilità ai deboli entusiasmi sopravvissuti alla serata.
Era sempre così, la domenica. Si svegliava troppo tardi e mangiava qualcosa dal divano. Sceglieva quanto di più trash riuscisse a reperire nel gigantesco frigorifero riempito con lungimiranza. Solo allora iniziava seriamente a prendere in considerazione l’idea di struccarsi, che a poco a poco, in un lento risveglio sensoriale, iniziava a sentire il fastidio delle ciglia incollate.
Questo era quanto la sua superficialità chiamava indipendenza. Sprecare il suo giorno di assoluta libertà sul divano, con la bocca impastata e la mente annebbiata, in lento recupero dagli stravizi del sabato sera.
Nessun progetto per il pomeriggio, la sola speranza che la tv satellitare si decidesse a passare l’ennesima replica dell’ennesimo inutile film adolescenziale.
Un po’ poco per i suoi 26 anni, a volerla dire tutta.
Non era sempre stato così. C’era stato un momento in cui la domenica mattina la grande casa dei suoi ferveva di preparativi finendo inevitabilmente, che lei fosse o meno d’accordo, con il tirarla fuori dal letto con un minimo preavviso per il pranzo in famiglia.
E i lenti pomeriggi invernali divenivano occasione per guardarla, quell’ennesima replica, tutti insieme sul divano, mentre lei e sua mamma giocavano a fare le dive con gli smalti griffati e le lime roteanti sulle loro belle e affusolate dita.
Le mani lunghe ed armoniose le aveva prese dalla mamma, sì. Che era una cosa di cui andava molto orgogliosa. Il gusto per gli smalti audaci lo aveva imparato dalle amiche e poi sapientemente importato tra le mura domestiche, come punto di contatto con lei.
A guardarle quelle due non si sarebbe detto che fossero madre e figlia.”