giri di perle

perle julia child

Quando era più giovane era di destra. Al di là del fatto che lo avesse in un certo senso ereditato, un motivo c’era: era borghese. Non che ora non lo fosse, ma all’età in cui avrebbe dovuto scegliere se credere o meno nella borghesia lei ci aveva creduto. Con tutta se stessa.
Il suo stato borghese era una conquista. Un traguardo sudato e perseguito con forza dalla sua famiglia. I suoi genitori, di cui era sempre stata tremendamente fiera, si erano rimboccati le maniche, si erano conquistati una fetta di Benessere con sudore e sacrifici e glielo avevano offerto come caldo giaciglio da tramandare ai posteri.
Avevano seguito le regole e il mondo aveva risposto come previsto. Non era stato necessario dubitarne.

Una volta era così, neanche tanto tempo fa. A meno che non “te le andassi a cercare” il mondo era pronto ad accoglierti nella morbida alcova del Benessere. Certo, se ti ostinavi ad iscriverti a Filosofia non potevi poi lamentarti se non ottenevi il tuo angolo di Paradiso!
Il mondo ti dava le regole e rispettandole era matematico che ottenessi quanto promesso.
Laurea giusta, pochi fronzoli, sposa una brava ragazza, fai dei sacrifici e vedrai che ti comprerai una bella casa, tra qualche anno potrai anche toglierti qualche sfizio, fare un bel viaggetto, andare in uno di quei resort all inclusive che si vedono nelle pubblicità.
Funzionava. Aveva funzionato per la generazione prima di loro e non c’era motivo per cui non avrebbe dovuto funzionare anche per lei.

Ma c’era di più.

Il caso dei suoi genitori era speciale, se ne rendeva conto, perché i suoi si amavano e vivevano un progetto autentico di vita condivisa, non solo di apparente quieto vivere. C’erano una serie di momenti che non erano semplicemente approdi ad uno status sociale, erano vittorie condivise da tutta la famiglia.
Non avrebbe mai dimenticato l’sms ricevuto quando versarono l’ultima rata del mutuo: “ultima rata mutuo. casa nostra.” Era all’università e suo fratello, in un’altra città, lo aveva ricevuto identico.

Sua madre portava un filo di perle. Una della cose più borghesi ma anche più belle al mondo. Era un regalo di suo padre di tantissimi anni prima. Non fosse stato per le foto, per lei era sempre stato al collo di sua madre, non ricordava il momento in cui era stato scartato ed indossato. Sua madre sì:

È sempre bella quella collana! Quando te l’ho regalata?
Nel ’90
Noooo…
Sì, invece, Natale 1990. Era morto mio fratello ed avevano appena operato mia mamma. Passavamo il Natale da tua nonna. Mi ricordo quando me l’hai messa al collo. Non mi ricordo mai niente ma questa cosa me la ricordo.
Ma avevo i soldi per comprare una collana di perle?!
Sì, risparmiavamo per comprar la casa…

Come avrebbe potuto dimenticarlo? Nel momento peggiore della sua vita suo marito aveva trovato il modo di esserle accanto. Con un regalo, un gesto speciale. Sì, con un oggetto, siamo d’accordo. Ma suo padre era stato accanto a sua madre in tutto, non solo con un regalo e questo li rendeva speciali. Il giro di perle era il plus, era la cosa preziosa e specialissima che sua madre non avrebbe mai dimenticato.
Era la felicità nonostante tutto. Nonostante il dolore, la fatica, le preoccupazioni erano i piccolissimi momenti speciali a rendere la vita sensazionale. Era tuo marito che ti allaccia un filo di perle per dirti tutto quello che le parole non sanno dire.

Nel ’90… Quanti anni avevamo?
32.

Era un altro mondo quello dei suoi, aveva delle regole. Ciò che non ti dicevano era che le regole servivano ad arrivare alle cose ma non sapevano metterci dentro alcun significato. Quello, il significato, era la cifra distintiva dei rapporti speciali, delle felicità autentiche. Una rarità, sia dentro che fuori gli schemi borghesi.
Quegli stessi schemi che non valevano più per lei che aveva dovuto assistere al crollo di quelle regole e che a 30 anni non poteva permettersi un maglione nuovo, figuriamoci delle perle.
Eppure, mentre era lì che guardava i suoi ricordare il Natale tra i più bui della loro vita come un momento speciale, la sentì scivolare via, la rabbia.
Erano cambiate le regole ma non era colpa di nessuno. Non sua, che era stanca di sentirsi in colpa per non essere avvocato, né dei suoi, che quelle regole gliele avevano donate come il più grande tesoro del mondo, come la chiave della felicità.

Le servivano altre regole, ma in fin dei conti ne bastava una e lo aveva sempre saputo: abbi il coraggio di ascoltare il tuo cuore.bacetto

In effetti, ovunque si girasse, il mondo glielo urlava contro da un po’.

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