Ironic

Che Jagged Little Pill sia un gran disco non lo dico solo io. Lo dicono una generazione di ragazzine in jeans e Dottor Marten’s, una smodata quantità di Smemoranda impiastricciate di citazioni e una infinità di dizionari Inglese – Italiano consumati al verbo to learn o alla ricerca di quel maledetto oughta. Lo dicono le oltre 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo.

Quello che rende questo disco eccezionale per me è il fatto che uscì nel 1995. Fu il mio primo cd. Anni dopo me lo rubarono e dovetti ricomperarlo, perchè l’averlo in mp3 non era affatto la stessa cosa. Nel 1995 avevo 12 anni e il diario dei Forever Friends, temo. Questo disco pose le fondamenta della donna che volevo diventare. Ci misi del tempo, del dolore e infinite ricadute nel mondo di Barbie solamente per capire questa cosa. Figuriamoci per attuarla! Periodicamente sono dovuta tornare a questo disco, come un ritorno alle origini, alla fonte primordiale del sapere.

Alanis Morissette nel 1995 aveva 29 anni e, plausibilmente, di rospi ne aveva ingoiati un discreto numero. Motivo per cui ciclicamente il suo capolavoro è tornato a risuonare nella mia esistenza in maniera ogni volta nuova.

Appena uscito, ovviamente, c’era U Learn, come monito ed eterna giustificazione a qualsiasi cagata mi venisse in mente di fare. Poi Perfect con cui stuggermi violentemente al buio, accusando i miei genitori di volermi a tutti i costi Barbie. Tralasciando il fatto che poi Barbie ho anche seriamente cercato di impersonarla, è arrivata prepotente You Oughta Know da urlare in faccia alla pletora di stronzi aridi che mi sono tolta lo sfizio di frequentare durante gli anni dell’università. Poi, dalla laurea in avanti, c’è stata Right Through You: che a me non mi si fregava mica!

IDIOTA.

Siamo seri. Una canzone ha sempre vinto su tutte: Ironic. Il classico intramontabile capolavoro, perfetta in tutto, dal video alle ritmiche, veicolo di uno dei testi più pop e intimi e toccanti che si potessero immaginare. Che si abbiano 12 anni o 40, Ironic rimane un indiscusso inno al fatalismo, alla fregatura, ai programmi che crollano e alle botte di culo.

Ironic, che canto da tutta la vita e che finisco di capire solo ora, non a caso, a quasi 29 anni.

Perchè passi il paparino che ha paura dell’aereo e la volta che lo prende muore. Fin qui, mannaggia, ci arrivavo benissimo da sola, anche senza tutto quello che è stata poi la mia vita. Passi la pioggia il giorno del matrimonio, che di piani saltati per aria ne ho seriamente avuti troppi, al punto da non preoccuparmene più. Sorvolando sui biglietti della lotteria, sui cucchiai in numero esorbitante e sugli ingorghi, una cosa mi era rimasta da capire.

Ebbene sì, nonostante la mia travagliata vita sentimentale, quello che sul serio mancava alla mia esistenza era l’uomo dei sogni. Quell’uomo capace di animare zuccherose visioni di vita coniugale e di prole. Quello che ti fa pensare di poterci davvero passare la vita insieme alla sola prima superficiale conversazione. Quello bello e affascinante ma più di tutto elegante, i cui dettagli salgono agli occhi come braci da sotto la cenere, a poco a poco, discretamente. Quello interesante ed interessato, cortese e gioviale, quello per bene ma non ingessato. Quella persona da cui senti di poter ricevere e a cui senti di poter dare. Tutto.

Bene, Signore e Signori, ora ce lo abbiamo. Gioviale ed educato, alla prima sigaretta si era già dimostrato attento ascoltatore, profondo conversatore, riverente verso il genere femminile e detentore del paio di mani più belle e curate che avessi mai incontrato. Io, dal canto mio, ero talmente a mio agio da non dar peso al fatto di essere senza manicure alcuna e mi sentivo onnipotente nella mia nuova orgogliosa veste di critica musicale. Hey, avevo il bolerino di pelle da Chic Rocker e le ciglia spaventosamente lunghe: ero luminosa!

Non mi dilungo sulle doti del Soggetto in questione nè sui suoi opinabili (ma migliorabili) gusti musicali. Non sto qui ad elencare il numero di volte in cui ho pensato di averlo affascinato senza nemmeno essermene accorta, non sto a dire quanto facile e giusto e terribilmente sensato sia stato entrarci in confidenza. Non dirò nemmeno di come gli amici ci guardassero di sottecchi, convinti di essere di fronte a qualcosa di quantomeno insolito.

Perchè, se questo post deve avere un senso, questo è quello dell’ironia della sorte, che la cara e giovane Alanis Morissette decantava egregiamente.

Meeting the man of my dreams and then meeting his beatiful wife

La fidanzata, per l’esattezza. Che oltre ad essere bellissima ha anche una svariata gamma di insopportabili pregi quali l’essere fastidiosamente giovane, immoralmente innamorata, orribilmente bionda e di una eleganza ai limiti della legalità.

Nel senso che essere elegante con un paio di ballerine di vernice color salmone, siamo seri, dovrebbe essere reato.

Grazie Alanis, davvero, perchè questa mi mancava.

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