come si fa a vivere in provincia? cioè, davvero, io una volta son stato a Bologna… che brutta…
vedi Mr. Brianza, sono mesi che penso che in fin dei conti tu sia un povero pirla per il solo fatto di portela questa domanda, così, in questa forma, con questa superficialità.
che alla tua età hai acquisito un substrato culturale degno di nota, un gusto raffinato in fatto di musica, viaggi, letteratura e, non ultimo, abbigliamento. di cucina invece non capisci un tubo, ma non è colpa tua, non hai proprio la cultura. nonostante tutti questi skills (mi rendo intelleggibile al tuo cervello anglofonizzato, che se dicessi competenze magari finiresti per dirmi che “mha, al giorno d’oggi delle competenze non te ne fai nulla, occorrono degli skills specifici, mirati…” e del tuo accento saccente faccio volentieri a meno, mi basta la pubblicità del SUV.) mi cadi sull’attitudine più provinciale che ci sia: non vedere più in là del tuo bel naso. Flessibilità, diamine!
il fatto è che io ce l’ho la risposta, la mia. non ti sto dicendo che vivere nella provincia denuclearizzata sia meglio della metropoli grigia ed evoluta che ti ospita, alla quale devi tanto: la tua futura cirrosi, la tua gotta, il tuo invecchiamento precoce, il tuo enfisema (ok, qui poche prediche, che sono una fumatrice), il tuo snobbismo e la tua perdita d’entusiasmo per le cose genuine. sei diventato l’uomo da evento. tutto ti annoia, tutto è già stato visto. eppure da lì non ti sposti. esattamente come una donnetta di paese o come i giovani annoiati, ti ritrovi a criticare tutto proponendo nulla. (un po’ come Di Pietro in effetti…)
ti sto dicendo che esistono lunghissimi momenti in cui io la mia città non la cambierei con nessun’altra. che non ci sono paragoni con il calendario-concerti fittissimo, con i circoli ARCI in cui vedere face to face la divinità indie rock più ggiusta che ci sia, con i vernissage, le mostre, gli intellettuali, gli intellettualoidi e le frangette. momenti che mi rendono assolutamente insostuibile ed impagabile il fatto di vivere qui.
vuoi qualche esempio?
vado al lavoro in bicicletta. ci metto 10 minuti, il tempo delle 3 canzoni di Giorgio Canali e Rossofuoco che mi stanno stregando in questi giorni.
la sera, prima di tornare da mia madre, passo per il lungomare che è ancora semi-deserto. e in questi giorni c’è una luce meravigliosa. inforco gli occhiali da sole e le cuffiette dell’iPhone. sorrido mentre pedalo sulla ciclabile e quando arrivo al per questo resti da sola inizio ad accellerare, come una moderna Alex D. marittima, portata dalla chitarra. e poi improvviso un blayback sorridente e radioso, comprensivo di braccia dimenate nell’aria, mentre lascio sfrecciare la bici all’inglese per i vicoli del mio quartiere-pancia. ed è così che curo ogni ferita che non ho paura di ammettere, sai? è anche per questo che adoro la musica italiana, perchè mentre qualcuno altro urla che gli idioti crescono sugli alberi mi sento così bene a non essere la sola a pensarlo che… che te lo consiglio, guarda.
ce ne sarebbero altri, ti interessano? per esempio il viale di tigli che ho dietro casa. tra un mese sarà fiorito ed il profumo sottile darà alla testa di ogni donna che ci passerà (sì, perchè pare i tigli in fiore ammalino più le signore che gli uomini, il perchè non lo so). oppure i locali sulla spiaggia o sul molo, dove passerò l’estate, raggiungendoli in vespa, come una novella Audrey. ma anche le rotatorie invase di ginestre fiorite, che percorro lentamente e con i finestrini abbassati, per essere certa di non perderne nemmeno una stilla di quel profumo che inebria e stordisce. le pause pranzo in spiaggia con le amiche o in piadineria, a colpi di CocaZero e pettegolezzi sciogliere le tensioni più recondite. gli ascquisti lampo nei negozi del centro mentre torno dal Tribunale. le cancelliere che mi riconoscono e hanno imparato a sorridermi.
e più di tutti. perchè ogni volta che tutto ciò non mi basta, io da qui ho le forze di andarmene, di evadere. perchè non penso che là fuori sia un brutto mondo. penso solo che sia un altro mondo.
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