era ricreazione, più o meno 10 anni fa a quest’ora. una delle due (che allo scientifico eravamo avanti!)
ed io di certo sul termosifone del bar, con una sigaretta in bocca e la solita mano nella mia. forse pomiciavo anzichè fumare (quanto si fuma al liceo?! quintali di sigarette!)
mia madre era in ospedale. assurdo, se ci ripenso. non ricordo se fosse febbraio, ma so che 10 anni fà mia madre era ricoverata ed io stavo abbandonando la pallavolo usandola come scusa e negando che fosse per pomiciare con il proprietario di quella mano. l’anno più buio della mia carriera scolastica, tra l’altro.
“Ero infelice in un modo ancora vago, poco concreto, tardo adolescenziale.”
non saprei… ero così straordinariamente arrogante e succube da non sapere ancora cosa fosse l’infelicità. sarebbe arrivata a schiaffeggiarmi un anno dopo. esplosa nello stomaco e mai del tutto emersa.
ora, dieci anni dopo, quell’infelicità a tratti cruda e fottutamente concreta la riesco anche a far uscire. con un filo di voce leggerissima, invero. ma è comunque meglio di nulla. è il limine tra una persona ed un serial killer. come la valvola della pentola a pressione.
quel che non ho pensato di dire a Livefast, è che a volte, per lunghi momenti, ho come l’impressione di saperla anche vincere, l’infelicità. e non lo cambierei con nulla al mondo.